Eccomi alla mia ennesima avventura, questa volta però non viaggio da solo, ho deciso di unirmi al progetto Atrevete!Mundo organizzato da Libera. Le tappe principali del viaggio erano tre: Quito, Fucame nella provincia Esmeraldas e Puyo.
Si parte da Quito! Sorge a 2800 metri sul livello del mare con una popolazione che raggiunge quasi i 2 milioni di abitanti. La conformazione particolare del territorio ha imposto alla città di svilupparsi longitudinalmente fino a perdersi oltre l’orizzonte, infatti si estende da nord a sud per ben 50 km ed è larga appena 8.
Il numero di strade è infinito e orientarsi è molto complicato, però nessun problema per i locali, fin da subito ho capito che in Ecuador tutti conoscono Google di persona, tant’è vero che ne hanno addirittura il numero personale. Il taxista si perde.. nessun problema! Si chiama un amico cercando di spiegare a parole dove ci si trova, risultato? Dopo 10 minuti che lo sproloquio va avanti si è ancora intenti nel far capire all’amico qual’è il punto di partenza! Servizio Google svolto da un amico sicuramente da migliorare in Ecuador!!
Ospitati al Centro de Formación Mons. Leonidas Proaño abbiamo avuto il piacere di conoscere due preti veneti che di fatto hanno messo in piedi un’azienda di esportazione, e non solo, di prodotti locali di diverse zone agricole dell’Ecuador (https://maquita.com.ec/), tale attività permette a 220 mila famiglie di poter vendere i propri prodotti come cacao, legumi, tessuti, zaini e molto altro garantendosi un introito mensile.
La città non sembra così pericolosa, ma è solo un’impressione, in realtà gente che ha fame ce n’é ed il fenomeno dei desaparesidos è più che presente. A tal proposito abbiamo incontrato ASFADEC (Asociación de Familiares y Amigos de Personas Desaparecidas en Ecuador) che ci ha spiegato che c’è una certa indifferenza da parte delle autorità a voler risolvere il problema. Giusto per dare alcuni numeri, in Ecuador dal 2014 ogni anno spariscono oltre 10 mila persone (già questi molto probabilmente sono numeri sottostimati), prima del 2014 di fatto i numeri non fanno testo perché si parla di qualche centinaio di casi all’anno pertanto li ritengo numeri farlocchi. Per fare un confronto con l’Italia, dal ’74 i casi di italiani ancora scomparsi in totale è di circa 10 mila persone, per cui in un solo anno in Ecuador scompaiono le persone che in Italia sono scomparse dal ’74 al giorno d’oggi. (In realtà in Italia esistono anche circa 50 mila persone straniere scomparse, ma non fanno testo perché sono legate al fenomeno di immigrati che scappano dai centri di accoglienza).
Era arrivata sera e mi ero dato appuntamento con Karla, una mia amica ecuadoriana conosciuta a Barcelona (si ho amici anche qui). Karla ci ha fatto fare un piccolo tour del centro di Quito per poi portarci a bere una cosa assieme in un locale con una vista di Quito stupenda, il locale si chiama appunto Vista Hermosa. Una cosa particolare che mi ha raccontato è che se sei a Quito ed è il tuo compleanno, ogni locale ti offre un tortino ed un chupito, cosa di cui abbiamo avuto conferma subito perché era il compleanno di Giada.
Dopo un primo assaggio di Quito, il secondo giorno dal nostro arrivo veniamo ospitati dalla scuola indigena Yachay Wasi Quito. Spuntavano bambini da ovunque! La scuola si dedica all’insegnamento della cultura e della lingua Kichwa e, parlando con la maestra, è emerso che i bambini si vergognano di questa cultura perché da molti è vista come una cultura grezza, “da contadino”. Nella scuola oltre a insegnare le normali materie come la matematica, si insegna anche a coltivare il campo, cosa che ritengo intelligente ed importante sopratutto in un paese in cui si può coltivare praticamente tutto l’anno ed il frigo pieno in casa non esiste.
A differenza dell’Italia, in Ecuador non esistono le stagioni per come le possiamo intendere noi, durante l’anno c’è un periodo in cui piove e un periodo in cui non piove. Noi eravamo lì proprio a settembre, al termine del periodo secco.
Era una giornata splendida di sole con qualche nuvola qua e là a sporcare un azzurro fantastico, l’orologio batteva le 10 in punto di mattina e assieme a bambini e maestre siamo andati nel bel mezzo del campo in cui coltivano, era arrivata l’ora del canto della pioggia! Tutti i bambini in cerchio hanno iniziato a cantare fortissimo quasi urlando, d’un tratto un vento fortissimo si è alzato e un brivido percorse la mia schiena, ho pensato.. cavolo sta funzionando davvero, fino a quel momento non c’era stato un filo d’aria, poi più nulla. Finito il canto della pioggia abbiamo fatto il canto della montagna nominando gli svariati monti che popolano le Ande ecuadoriane. (il mio preferito è il Cotopaxi).
I Canti venivano ripetuti tutte le mattine contemporaneamente dalle oltre 200 scuole indigene della provincia e se non avesse piovuto entro un paio di settimane, tutto il popolo indigeno (anche gli anziani) sarebbe salito alla montagna per chiedere la pioggia.
Terminati i canti ci aspettava il lavoro, così hanno approfittato della nostra forza lavoro per sradicare bambù e zappare il campo per prepararlo alla nuova semina. Il problema principale è stato rendere efficiente l’utilizzo dell’attrezzo fornito per l’attività, non avevamo la classica vanga ma la zappa che richiede una manualità totalmente differente.
Il lavoro è stato interrotto solo da un intervento che richiedeva un ingegnere, in classe avevamo smontato un orologio e la maestra non era più in grado di assemblarlo di nuovo, così io e Anna subito ci siamo precipitati. Nel mezzo del nostro intervento è successa una cosa curiosa, un bimbo si è avvicinato ed ha incominciato ad accarezzarmi l’avambraccio, si era incantato dei miei peli, a quanto pare in Ecuador non hanno i peli e per lui era una cosa stranissima!